Coltivato e prodotto nella bassa valle del fiume Savuto, sul versante tirrenico della Calabria, il vino Savuto ha ottenuto il riconoscimento Doc dall'Unione Europea nel 1995, come la maggior parte dei vini calabresi.
L'area di produzione, che interessa 13 comuni della provincia di Cosenza e altri 6 comuni della provincia di Catanzaro, si estende lungo la valle del fiume Savuto, vero confine naturale tra le pendici nord-occidentali del Massiccio del Reventino e la parte più meridionale della Catena Costiera, che si allunga in direzione nord-sud sul tirreno cosentino.
Tra le zone di produzione più caratteristiche di tutta la Calabria, dal grande valore paesaggistico e culturale, la coltivazione della vite nell'area di produzione tipica del Savuto Doc, si pratica su stretti terrazzi digradanti verso il fondo valle, ottenuti con muretti in blocchi di pietra.
Mentre la geologia dei terreni si conserva abbastanza omogenea, racchiusa tra i rilievi montuosi cristallini della Sila, della Catena Costiera e del gruppo del Reventino, la situazione climatica invece è più variabile tra le zone collinari più piovose e umide e le zone a ridosso del mar Tirreno, dove il clima è più temperato.
Il vino Savuto Doc si produce nella unica varietà di rosso con l'utilizzo di uva proveniente da vitigni locali come stabilisce il disciplinare di produzione. Il vinaggio si ottiene dalla mescolanza del Gaglioppo per il 35-40%, Nerello Cappuccio e/o Magliocco Canino e/o Sangiovese per il 30-40% e la Malvasia bianca in aggiunta ad altri vitigni a bacca bianca della zona per un massimo del 25% del volume totale.
Secondo il disciplinare di produzione il vino Savuto Doc deve avere un colore rosso rubino più o meno intenso, profumo caratteristico e sapore asciutto, con una gradazione minima totale del 12%. La qualificazione Superiore del vino Savuto Doc si ottiene invece dopo 2 anni di invecchiamento obbligatorio, che danno al vino una gradazione minima totale del 12,5%.
Il Savuto è uno dei vini più antichi della Calabria, apprezzato sin dai romani con il nome di Sanutum, venne menzionato nelle opere letterarie dell'archeologo francese Francois Lenormant e del viaggiatore inglese Norman Douglas.